Descrizione
Fonti:
https://web.archive.org/web/20171210182736/https://www.bluetooth.com/what-is-bluetooth-technology/bluetooth-fact-or-fiction
https://web.archive.org/web/20170902064308/https://www.bluetooth.com/what-is-bluetooth-technology/bluetooth-origin
Attrezzatura:
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Crediti
Sound design - Alex RaccugliaVoce intro - Maria Chiara Virgili
Voce intro - Spad
Musiche - Kubbi - Up In My Jam, Light-foot - Moldy Lotion, Creativity, Old time memories
Suoni - Zapsplat.com
Cover e trascrizione - Francesco Zubani
Mostra testo dell'episodio
Quello che segue è lo script originale dell'episodio.
Il Bluetooth® è una tecnologia di connettività wireless a bassa potenza che viene utilizzata per lo streaming dei flussi audio, per il trasferimento di dati e per la trasmissione di informazioni tra dispositivi.
Inizialmente fu concepito per sostituire i cavi RS-232, quelli che i più grandicelli fra noi, probabilmente ricorderanno con il nome di porte seriali, e che magari utilizzavano una ventina d’anni fa o più, prima dell’USB, per collegare al PC periferiche professionali o a volte anche più comuni, come le stampanti.
Ma poi questa tecnologia, il bluthooth intendo, ha avuto ampio successo e ha finito per fare da mezzo di trasmissione alla base di moltissime applicazioni moderne. In fin dei conti, una connessione bluethooth è relativamente semplice da utilizzare, abbastanza stabile, comoda e senza fili.
Oggi, quindi, il bluethooth è letteralmente alla portata di tutti: nei nostri smartphone innanzitutto, nei PC, poi nei dispositivi di riproduzione musicale, gli speakers intelligenti e non, i mouse, le tastiere, controller per videogame, bilance, misuratori di pressione. Guardati intorno e probabilmente troverai almeno un dispositivo che implementa il bluethooth o che, volendo, esiste anche in versione compresiva di bluethooth.
D’altronde, per citare Sheldon Cooper in Big Bang Theory: tutto è migliore con il bluethooth.
Ma da dove viene questo strano nome: bluethooth? Non è un acronimo, come ci si potrebbe normalmente aspettare da qualcosa di moderno e tecnologicamente avanzato. Ne, tradotto, sembra avere un senso minimamente attinente ad un protocollo di trasmissione.
E in effetti, bluethooth non era altro che un soprannome. Il soprannome di Re Harald Gormsson, vissuto più di mille anni e famoso per aver unificato Danimarca e Norvegia nell’anno 958 dopo Cristo.
Oltre ad essere un grande re, però, Harald era conosciuto anche per un’altra sua caratteristica: e cioè un dente marcio che, immagina un po’, aveva assunto un singolare colore a metà fra il blu scuro e il grigio. Da lì, il soprannome bluetooth.
Quando nel 1996, i rappresentanti di tre allora industrie leader nel settore informatico, Intel, Ericcson, e Nokia, si riunirono per elaborare un protocollo di comunicazione che avrebbe permesso di collegare senza filo una molteplicità di dispositivi, Jim Kardash della Intel propose il nome temporaneo di Bluetooth.
Successivamente, lo stesso Kardash, dirà che la sua idea era semplicemente legata al concetto di unione. Come re Harald Bluetooth Gormsson aveva unito due popoli del nord Europa, così la tecnologia che avevano in mente avrebbe unito l’industria del PC e dei dispositivi industriali, ma quel nome era solo temporaneo. Sarebbe poi spettato al marketing trovare quello definitivo.
Per il marketing, le due alternative migliori erano PAN (che sta per Personal Area Network) oppure, in seconda battuta RadioWire.
Peccato che PAN, risulto essere un nome talmente inflazionato da produrre centinaia di migliaia di risultati, in caso di ricerche online. Finendo quindi per essere scartato in favore del secondo classificato.
E, incredibilmente, a quel punto, la ricerca di mercato sul nome RadioWire non fu completata in tempo per il lancio ufficiale del prodotto. Lasciando così, per esclusione, come unica alternativa, il nome Bluetooth.
A quel punto, anche per il logo si rimase fedeli alla cultura nordica e si scelse di utilizzare due rune dell’alfabeto scandivano Younger Futhark, in uso nel nono secolo, e unirle in un unico simbolo.
In particolare, la scelta ricadde sulle rune iniziali del nome Harald: cioè la runa Hagall (che somiglia ad un asterisco ma con le punte superiore e inferiore un po’ allungate) e la runa Bjarkan (molto simile alla nostra B, ma senza linee curve, in pratica due triangoli uniti per la base, posta in verticale e le cui sommità puntano verso destra).
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