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con Valerio Galano

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Episodio del podcast

Snippet - La tastiera Dvorak

12 giugno 2022 Podcast Episodio 104 Stagione 2
Snippet - La tastiera Dvorak

Descrizione

Fonti:
https://dvorak-keyboard.com/

Attrezzatura:
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Crediti

Sound design - Alex Raccuglia
Voce intro - Maria Chiara Virgili
Voce intro - Spad
Musiche - Kubbi - Up In My Jam, Light-foot - Moldy Lotion, Creativity, Old time memories
Suoni - Zapsplat.com
Cover e trascrizione - Francesco Zubani

Mostra testo dell'episodio

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Quello che segue è lo script originale dell'episodio.

La cosiddetta tastiera Qwerty, cioè quella che utilizziamo sui nostri computer e smartphone ogni giorno, fu progettata alla fine del 1800 come parte di una formidabile e rivoluzionaria invenzione conosciuta come macchina da scrivere.

La particolare disposizione delle lettere, pur essendosi evoluta un po’ nel tempo, resta essenzialmente quella dell’epoca, che fu studiata per agevolare la scrittura dei messaggi da parte dei telegrafisti, che ne erano i principali se non unici utilizzatori nelle prime fasi della diffusione.

Esatto: le leggende sulla disposizione necessaria per impedire l’inceppamento dei martelletti o per permettere di scrivere typewriter nel minor tempo possibile, sono essenzialmente prive di fondamento, ma di questo abbiamo già parlato nell’episodio le origini della tastiera QWERTY.

Tuttavia, resta il fatto che l’utilizzo moderno di questa tastiera è sostanzialmente differente da quello per cui è stata pensata. Sono piuttosto rari ormai gli usi connessi al telegrafo ed è invece perfettamente normale trovare una serie di tastiere qwerty nelle case, negli uffici, negli smartphone, diciamo praticamente ovunque.

Il Dr. August Dvorak, professore all’università di Washington, affrontò questo stesso problema già negli anni 20 del 1900, quasi un secolo fa, e mettendo insieme tutta una serie di studi sulla lingua inglese e sulla fisiologia della mano, giunse alla conclusione che la disposizione ottimale dei tasti dovesse essere molto differente dalla già ormai classica e diffusissima QWERTY.

Nacque così la tastiera Dvorak, una tastiera dal layout alternativo, progettata per massimizzare il comfort dell’utilizzatore, la produttività e la semplicità di apprendimento. Fu ufficialmente presentata nel 1932 ma divenne uno standard riconosciuto solo 50 anni dopo.

In descrizione ti lascio un link al quale potrai osservare tu stesso la disposizione dei tasti, ma a grandi linee, in questa tastiera i numeri sono essenzialmente nella posizione che siamo abituati a vedere, in un’unica fila nella parte superiore, mentre le vocali sono spostate sul lato sinistro nella fila orizzontale centrale, in mezzo tra due file di consonanti meno utilizzati, e le consonanti più utilizzate sono quasi tutte sulla destra.

In pratica, con questa organizzazione dei tasti, la Dvorak è progettata per utilizzare in modo alternativo le due mani. Una lettera con la destra e una con la sinistra. Poi di nuovo destra, poi sinistra.

E anche quando è necessario utilizzare la stessa mano per più lettere consecutive, la tastiera è comunque pensata per sfruttare il più possibile dita diverse per ciascun tasto.

Senza contare che, con la sua particolare disposizione, la Dvorak massimizza le battute in ordine dalle dita più esterne a quelle più interne delle mani. Movimento questo che risulta particolarmente naturale, come quando si tamburella con le dita su un tavolo. Dal mignolo all’indice.

Tralasciando i discorsi sulla presunta maggiore velocità di scrittura rispetto alla QWERTY, cosa che a mio parere resta un fattore puramente soggettivo, sembra però che la Dvorak porti l’utente a compiere dei movimenti che fondamentalmente stressano meno le articolazioni, con i caratteri più utilizzati in posizioni più facili da raggiungere e al tempo stesso favorendo un alternanza tra le due mani e tutte le dita.

Detta così, sembrerebbe la soluzione ottimale per tutti, ma purtroppo queste sue peculiari caratteristiche sono anche un suo forte limite.

Mentre infatti le tastiere QWERTY, pur differendo leggermente tra una lingua e l’altra, restano sostanzialmente valide per ogni tipo di utente, perché alla fine varia la posizione dei caratteri speciali e la punteggiatura, ma non dei caratteri principali, nella Dvorak la scrittura in una lingua differente da quella della sua progettazione, invalida l’intera logica con cui sono disposte le lettere.

I ragionamenti sulla frequenza di utilizzo di consonanti, di vocali, di doppie, ecc., infatti, saltano completamente nel momento in cui si considera una lingua che non sia l’Inglese.

In italiano, ad esempio, pur volendo ignorare il fatto che sulla Dvorak mancano le lettere accentate, che nella nostra lingua sono molto utilizzate, si presenta comunque un problema di fondo nella tecnica utilizzata per la scrittura.

Nelle istruzioni di utilizzo della tastiera, infatti, esiste una esplicita regola che afferma che la barra spaziatrice va premuta con il pollice appartenente alla mano che ha digitato l’ultima lettera della parola.

Ok. Peccato che in Italiano, quasi tutte le parole terminino con una vocale portando così ad utilizzo totalmente sbilanciato del pollice sinistro rispetto a quello destro.

Forse per motivi del genere, la Dvorak non ha mai preso piede rispetto alla QWERTY, o forse semplicemente perché la QWERTY era già diffusissima negli anni ‘30. Fatto sta che le intenzioni e gli studi del dott. Dvorak restano un interessantissimo lavoro di progettazione basata su linguistica e fisiologia.

Un esempio di come si possa, almeno teoricamente, migliorare qualcosa che il Mondo intero ha ormai dato per assodato.

Successivamente, infatti, il professore progettò anche altre due tastiere, questa volta pensate per l’utilizzo di operatori con una sola mano. Una pensata per l’utilizzo con la sola mano destra, l’altra con la sola sinistra. E pare che queste permettano all’utilizzatore di scrivere ben fino a 50 parole al minuto.


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